IL MULINO DEI NOFERI O MOLINACCIO
Il “Molinaccio” è uno dei due mulini detti “dei Noferi”: si trova nella valle di Marciana al Panicale (l’altro, diventato abitazione, si trova nel piazzale della cabinovia).
Il mulino, che si trovava già in stato di abbandono all’inizio del secolo scorso, era stato pulito dalla folta vegetazione e dai detriti dall’associazione Maceo ed è stato riprodotto in occasione del presepe vivente di Marciana
L’8 marzo del 2020 abbiamo effettuato una seconda pulizia liberandolo dalle piante divelte, dai detriti e dalle ramaglie e riaprendo il piccolo sentiero che, dalla strada della Costarella, conduce ad esso.
Situato nella vallata marcianese, è un mulino ad acqua con ruota orizzontale, detta a “ritrecine”, contrariamente all’altro mulino dei Noferi che aveva la ruota idraulica verticale. Nei pressi del mulino, si trova un piccolo ponte che attraversa il fosso.
La sua struttura, come quella di tutti i mulini a ritrecine, si sviluppa su due piani: il piano che ospita le macine e il piano interrato, detto “carceraio”, con la copertura voltata a botte dove si trovava la ruota idraulica con pale a cucchiaio.
I mulini a ritrecine erano spesso costruiti in posti dove la portata dell’acqua dei fossi, “uviali”, era scarsa e non garantiva il funzionamento degli stessi. Pertanto a monte del mulino veniva costruita una vasca, un serbatoio di contenimento dell’acqua, chiamato bottaccio, che veniva riempito attraverso un canale direttamente dal fosso.
Il bottaccio era una vasca di raccolta delle acque del fosso attraverso dei canali spesso doveva essere ripulito e curato, quindi svuotato per togliere il fango di deposizione e l’accumulo di ramaglie e foglie.
Il deflusso delle acque dal bottaccio verso il mulino avveniva attraverso un foro in basso sul muro del bottaccio stesso, che veniva aperto o chiuso attraverso un sistema di apertura a bilancia, facendo spostare un tappo di legno o una saracinesca. Da quel punto partiva la condotta , un canale coperto in struttura muraria e inclinato, che arrivava direttamente sul punto in basso del mulino, sul “carceraio”, dove si trovava la ruota, determinandone il movimento.
Tra il muro di contenimento del bottaccio e la condotta si trovava il cisternino, ovvero una camera più profonda del bottaccio che aveva lo scopo di uniformare il flusso delle acque sulla condotta e di conseguenza sulle pale. Sulle pareti del cisternino si trovano dei pioli che consentivano al mugnaio di scendere per ispezionare, ripulire ed effettuare la manutenzione della condotta.
Una volta riempito il bottaccio si apriva la saracinesca e l’acqua passava dal cisternino alla condotta arrivando precisamente e con violenza sulle pale di legno della ruota idraulica. Al centro della ruota idraulica era posizionato verticalmente un asse di legno (foto della ruota del mulino di Patresi) che raggiungeva il piano superiore del mulino esattamente nel centro delle macine e, attraverso un sistema di aggancio alla macina superiore, ne permetteva il movimento rotatorio.
Le macine, di forma circolare e di granito, erano di due tipi: quelle inferiori fisse e quelle superiori mobili e intercambiabili. Su di esse erano incisi dei canaletti , per facilitare la macinatura in base al tipo di prodotto da trattare, e venivano spesso revisionate e ripulite.
Castagne, grano o granturco venivano messi su un contenitore di legno a forma di imbuto quadrangolare, la tramoggia, posizionato al di sopra delle macine e fatti cadere sul foro centrale della macina superiore per essere triturati.
Ringraziamenti:
Mario Lupi, Giovanni “Nino” Berti, Genserico Anselmi, Antonietta Ferrini e dott.ssa Marina Segnini